“Santi Severino e Sossio” è una chiesa monumentale di Napoli, situata nel famoso Decumano Inferiore
Oltre alla sua rilevanza artistica (all’interno vi lavorarono infatti alcuni dei più importanti esponenti del Rinascimento partenopeo, ndr) l’intero Complesso Monastico (che conta anche un altro Edificio Sacro, tre Chiostri Monumentali, un Refettorio, una Sala Capitolare e due Giardini) è di fatto uno dei più grandi della Capoluogo campano. Il cinquecentesco ciclo di affreschi di Antonio Solario, riprendente le Storie della vita di San Benedetto (ubicato nel Chiostro del Platano) risulta essere inoltre una delle più importanti testimonianze artistiche sulla vita di questo personaggio.
Le origini del Complesso Monastico risalgono, invece, al X Secolo, quando vi giunsero i Monaci Benedettini che, a seguito delle temute incursioni saracene, abbandonarono il vecchio monastero situato sulla Collina di Pizzofalcone. Col trasferimento presso la nuova sede, essi portarono con sé anche le reliquie di San Severino, mentre, nel 904, vi trasferirono quelle di San Sossio, compagno di martirio di San Gennaro, rinvenute tra i ruderi del Castello di Miseno che era andato distrutto nell’855. I reperti in analisi rimasero qui fino al 1808, quando furono poi trasportate nel vicino paese di Frattamaggiore.
Durante il Regno Angioino nel Monastero si tennero anche rilevanti avvenimenti civili, come la convocazione del Parlamento nel 1394 da parte dei Sanseverino, sostenitori di Luigi II d’Angiò. Nel 1490 Francesco Mormando gettò le fondamenta dell’attuale struttura, avviando, con ogni probabilità, la costruzione del Succorpo. I lavori terminarono tuttavia solo nel secolo successivo grazie a Giovanni Francesco Di Palma che assunse l’incarico nel 1537 e che ampliò drasticamente il progetto iniziale.
Nel 1571 la Chiesa venne consacrata. Solo nel 1573, tuttavia, si conclusero, con tre anni di ritardo, i lavori del Coro Ligneo dietro l’Altare Maggiore, progettato nel 1560 da Benvenuto Tortelli da Brescia e destinato a raggiungere rapidamente il valore di modello per altri cori della città. Uno degli aspetti caratteristi dell’opera in analisi è, senza ombra di dubbio, la Cupola, su disegno di Sigismondo Coccapani, una delle prime erette in città.
Dopo il terremoto del 1731, l’edificio subì importanti lavori di ricostruzione diretti da Giovanni del Gaizo, che realizzò la facciata, preceduta da transenne progettate su disegno di Giovan Battista Nauclerio. In seguito all’espulsione dei Benedettini, nel 1799 il complesso fu occupato dai Sanfedisti e divenne, nel 1813, Collegio di Marina. Nel 1835 venne scelto come sede dell’Archivio di Stato che tutt’oggi si trova ubicato in tale Palazzo. Il terremoto dell’Irpinia del 1980 danneggerà ulteriormente la struttura portando il monumento architettonico ad una chiusura stabile per oltre trent’anni, fin quando, dal 2014, non è divenuto nuovamente fruibile al pubblico ed ai turisti.
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