IL FASCINO DEL MONDO ANTICO RIVIVE ALLE FALDE DEL VESUVIO!!!

Gli Scavi Archeologici di Ercolano hanno restituito i resti dell’antico centro partenopeo, seppellito sotto una coltre di ceneri, lapilli e fango durante l’eruzione del 79!!!

Il sito, più nello specifico, fu rinvenuto casualmente a seguito dei lavori per la realizzazione di un pozzo nel 1709. La maggior parte dei reperti rinvenuti sono ospitati al Museo Archeologico Nazionale di Napoli, mentre è del 2008 la nascita del Museo Archeologico Virtuale (MAV). L’area, gestita dalla Soprintendenza Speciale per i Beni Archeologici di Pompei, Ercolano e Stabia, è visitata mediamente da trecentomila turisti, provenienti da ogni angolo del Mondo, ogni anno: nel 1997 è entrato a far parte della lista dei patrimoni dell’umanità dell’UNESCO.

Hercvlanevm, secondo la leggenda narrata dagli Dionigi di Alicarnasso, venne fondata da Ercole nel 1243 a.C.. Con tutta probabilità, invece, fu edificata o da Osci nel XII secolo a.C., come scritto da Strabone, o dagli Etruschi tra il X ed l’VIII secolo a.C.. Venne, successivamente, conquistata dai Greci nel 479 a.C. e, in un periodo successivo, passò sotto l’influenza dei Sanniti, prima di essere conquistata dai Romani, a seguito della guerra sociale, nel 89 a.C. diventando un Municipio. Si trattava, per la precisione, di un luogo residenziale per l’Aristocrazia romana e visse il suo periodo di massimo splendore con il Tribuno Marco Nonio Balbo, il quale l’abbellì e fece costruire nuovi edifici. In seguito, tuttavia, fu colpita dal terremoto del 62 e, poi, completamente sepolta sotto una coltre di fango e materiali piroclastici alta dai dieci ai venticinque metri. Tale strato, col passare degli anni, si solidificò, formando un piano di roccia chiamato pappamonte, simile al tufo ma più tenero, che protesse importanti testimonianze storiche.

I Famosi Scavi di Ercolano!!!

I Famosi Scavi di Ercolano!!!

Il ritrovamento dell’antica città avvenne per caso: nel 1709, un contadino di nome Ambrogio Nocerino,  durante lo scavo di ampliamento di un pozzo per l’irrigazione del suo orto, nei pressi della Chiesa di San Giacomo e del bosco dei Frati Alcantarini, s’imbatté in alcuni pezzi di marmo pregiato. Un artigiano al servizio del principe Emanuele Maurizio d’Elboeuf, passando in quei luoghi per caso lì notò, e ne comprò alcuni per realizzare delle cappelle a Napoli: il Nobile, venuto a conoscenza dei ritrovamenti, acquistò il pozzo, e per nove mesi, fino al 1711, condusse una prima sommaria esplorazione tramite una serie di cunicoli sotterranei L’attività in analisi fu, poi, interrotta per volere della Magistratura che temeva possibili danni alle abitazioni soprastanti.

Nel 1738, durante la costruzione della Reggia di Portici, voluta da Carlo di Borbone, un funzionario di questi, Rocque Joaquin de Alcubierre, incaricato di tracciare una mappa della zona, venne a conoscenza dei ritrovamenti di un quarantennio prima: ottenuto il permesso dal Re, insieme a pochi operai, iniziò una nuova esplorazione. Anche in questo caso furono rinvenuti statue, pezzi di marmo e frammenti di iscrizioni e cornici. Nel 1750 si affiancò ad Alcubierre anche Karl Weber. Dell’ingegnere svizzero fu l’idea, nel 1760, di condurre uno scavo a cielo aperto, visto che le esplorazioni per cunicoli collegati a pozzi di discesa e pozzi di aerazione, oltre a essere molto scomode in quanto le dimensioni dei cunicoli talvolta non superavano i cento centimetri di larghezza per un’altezza massima di un metro ed ottanta, soffrivano di una scarsa illuminazione e comportavano il pericolo di crolli e di ristagno di gas velenosi. A tale proposta si dissero favorevoli sia Luigi Vanvitelli che Ferdinando Fuga, mentre contrario fu Alcubierre, il quale era in forte opposizione con tutto l’operato del collega, motivando la propria contrarietà col timore, in caso di terremoto, di possibili crolli dei palazzi circostanti la zona degli scavi. L’idea fu definitivamente abbandonata a seguito della morte prematura di Weber nel 1764.

Precedentemente, nel 1760, l’elvetico aveva scoperto la Villa dei Papiri, con un carico di statue ed oltre mille papiri carbonizzati. Ciò non fece altro che accentuare l’interesse per la zona, tanto che, nel 1755 venne qui inaugurata, l’Accademia per lo Studio del Sito. Nel 1751, tutti i reperti rivenuti vennero trasferiti nel Palazzo Reale di Portici, trasformato in un vero e proprio museo visibile solo al Sovrano ed ai suoi ospiti. Nel 1768 Francisco La Vega si affiancò ad Alcubierre.

Sull’onda del successo degli Scavi di Pompei, nel 1828, sotto Francesco I delle Due Sicilie, ripresero, dopo l’interruzione avvenuta nel 1780, le ricerche anche nel centro vesuviano. In questa nuova fase cambiò anche la tecnica esplorativa, passando dai cunicoli agli scavi a cielo aperto. Nuovamente, a partire dal 1869, sotto la direzione di Giuseppe Fiorelli, ci fu una breve campagna di studi, inaugurata da Vittorio Emanuele II la quale venne sospesa nel 1875.

Con la nomina a capo della Soprintendenza agli Scavi ed alle Antichità della Campania nel 1924 di Amedeo Maiuri, venne attuato un programma di espropri al fine di evitare ulteriori danni e proteggere le antiche strutture dalla forte espansione edilizia. Il 16 maggio 1927 partì una nuova campagna che riportò alla luce circa quattro ettari del millenario borgo: si tratta, in sostanza, del parco visibile ancora oggi.

A partire dal 1980, sotto la guida di Giuseppe Maggi,vennero alla luce importanti novità sulla storia ercolanese. Si era infatti ritenuto, fino a quel momento, che la popolazione della città, risparmiata in un primo momento dalla furia eruttiva, fosse riuscita a mettersi in salvo, ipotesi suggerita dal ritrovamento di pochi scheletri nell’ambito della cerchia urbana. Nuove indagini, condotte con l’ausilio di idrovore nei pressi della linea di costa del ’79, consentirono di individuare, il 16 gennaio 1981, un primo gruppo di scheletri, ammassati al di sotto di alcune arcate che sostenevano la terrazze delle Terme Suburbane e dell’Area Sacra ed utilizzate per la manutenzione ed il ricovero delle imbarcazioni, oltre ad una barca. Negli anni successivi furono recuperati altri resti umani, per un totale di oltre trecento individui, il che portò gli studiosi alla conclusione che la maggior parte della popolazione locale avesse cercato la fuga via mare, sostando sulla spiaggia durante la notte, dove venne sorpresa dalle colate piroclastiche.

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